Poco prima di iniziare la salita che porta a Gabiano e al suo castello, posto su una rocca che guarda la pianura, c’è una strada che si infila tra due colline e si snoda attraverso campi coltivati ai cui bordi scorre un torrente che in questi ultimi anni è per lo più secco.

La strada ha inizio accanto a un ampio piazzale coperto dove si fanno i mercati settimanali, le feste di paese e dove ci si dà appuntamento per la partenza delle attività sportive sulle colline, l’ultra trail e i trekking. Procedendo lungo la strada si vede a sinistra un centro ippico con un maneggio dove c’è sempre qualche cavallo che trotta tranquillo. Poi si arriva a una piccola chiesa collocata in una specie di bivio, una piccola chiesa abbandonata con la facciata rivolta verso i campi e il retro che guarda la strada. Pare che sia la chiesa di Santa Liberata, così è indicato su Google, anche se un cartello porta scritto che la chiesa di Santa Liberata è più avanti, proseguendo per la strada.

Dopo qualche centinaio di metri la strada svolta a destra in corrispondenza di una cascina trasformata in agriturismo e poi va via dritta con alla sinistra boschi su terreni in forte pendenza e alla destra campi che si allargano generando la strana sensazione di essersi addentrati in un territorio che il tempo non ha toccato.

Cammini guardando i campi mentre la strada segue sempre la costa dei boschi, con qualche piccola curva e qualche tratto in salita. A un certo punto dal bosco sbuca un sentiero che incrocia la strada e nascosto tra i rami di un albero c’è un cartello che indica la direzione per raggiungere quello che resta del castello dei conti Miroglio, la famiglia che nel Seicento e Settecento aveva il dominio sulla vallata, ma si va ancora avanti e si giunge infine a un vasto prato al fondo del quale ti colpisce lo sguardo una piccola chiesa con un porticato sul lato sinistro mentre poco più sopra si stendono prima di un bosco quattro o cinque cascine. Si è arrivati alla Chiesa di Santa liberata.

Ci si gira intorno per ammirarla nella sua semplicità e ci si trova davanti alla facciata, ricostruita nell’Ottocento con quattro lesene, e affiancata da un porticato che fa accedere a una piccola costruzione appoggiata al retro della chiesa che si dice essere il romitorio.

Romitorio è l’abitazione essenziale di una persona che abbandona tutto e si isola per pensare solo a Dio e alla sua anima, ma si trova anche scritto che questo sito fosse un monastero, con più monaci o monache, ma le stanze non sono molte e la struttura non prevedeva la presenza di molte persone, anche all’interno della chiesa. Si trova anche scritto che potesse essere stata una cappella gentilizia o l’ambiente dove si celebravano le cerimonie religiose per gli ufficiali della guarnigione del castello. In ogni caso il fascino di questo luogo di culto che risale alla fine del XV secolo e che è uno dei siti religiosi più antichi della Valcerrina ha spinto le autorità religiose, in accordo con i comuni della Valle, a procedere con un restauro a fondo dell’edificio per porre fine ai vandalismi, alle manomissioni e ai furti subiti nel tempo e recuperare così quel giusto e necessario equilibrio tra la natura, la spiritualità e la creatività dell’uomo.

I lavori di ripristino erano iniziati già nel 2007 e domenica 9 luglio 2023 si è svolta nella chiesa la cerimonia dell’inaugurazione dei restauri, una celebrazione importante presieduta dal Nunzio apostolico vaticano Monsignor Angelo Accattino con la presenza di tutti i sindaci della Valcerrina.

Il restauro ha riguardato la struttura complessiva dell’edificio, a partire dalla copertura del tetto e dalle parti edilizie della facciata e del porticato per affrontare, all’interno, gli affreschi ai lati dell’altare maggiore e le statue.

Ed è proprio la statua principale, quella che rappresenta Santa Liberata, che è stata realizzata dall’artista Monino su disegno di quella originale, trafugata anni addietro durante il periodo di abbandono, che nasconde più di un mistero. Quando ero venuto in questa vallata, in un pomeriggio di primavera, mentre guardavo quel delizioso campo al termine del quale si collocavano in perfetta sintonia le mura e il porticato di quella chiesa mi chiedevo infatti: chi è santa Liberata e come mai in questa valle c’è stata così tanta attenzione alla sua storia?

La statua rappresenta santa Liberata che sostiene tra le sue braccia due bimbi in fasce e tradizione vuole che quando si avvicinava il momento del parto le donne venissero all’altare della santa a implorare la sua benevolenza affinché tutto procedesse per il meglio. L’aspetto curioso di questa tradizione è dovuto al fatto che questa è solo una versione della storia della santa e non è certamente la più attendibile.

La vicenda di Liberata sembra aver avuto origine in epoca romana nel II° secolo d.C. quando da un parto non desiderato la moglie del Console Lucio Catello Severo diede alla luce 8 gemelle e sconvolta ordinò alla levatrice di annegarle. La levatrice, che si era convertita al cristianesimo, le mise in salvo ma pochi anni dopo furono uccise durante le persecuzioni dell’imperatore Adriano. L’ultima di queste gemelle si chiamava Liberata e fu uccisa con la decapitazione. A seguire si sovrapposero altre versioni della storia della santa, tra cui anche quella che fu crocifissa e quella che fu madre di due figli e a seguire fu martirizzata. In ogni caso il nome e le sue caratteristiche la presentano come una figura portatrice di pace e serenità, il cui compito consiste nel liberare i fedeli dalle angosce e dalle trappole che la vita pone agli uomini.

Ma come ha fatto ad arrivare in Valcerrina? Quale strano legame ha preso forma tra i borghi della Valcerrina e Santa Liberata? Bah.

Lungo la storia le vicende si succedono e non sempre secondo un ordine e una logica che gli uomini si aspettano. In ogni caso, tra le abitazioni che si raggruppano poco sopra la chiesa ce n’è una che si chiama “Cascina Val Liberata” ed è di una azienda vinicola che coltiva vitigni antichi con metodi naturali e biologici

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